venerdì 18 ottobre 2013

LA VIOLENZA E LE SUE CONSEGUENZE: IL TRAUMA PSICOLOGICO




dott. Ludovico Carnile -psicologo clinico-
La violenza sulle donne e le sue conseguenze sono state ignorate nella società e nei servizi sanitari fino a solo pochi decenni fa.
Oggi sappiamo che la violenza su una donna, quasi sempre compiuta da uomini che conosce bene come il marito o il fidanzato, è frequente, e che le sue conseguenze possono essere devastanti.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, “la violenza contro le donne rappresenta un problema di salute enorme … A livello mondiale, si stima che la violenza sia una causa di morte o disabilità per le donne in età riproduttiva altrettanto grave del cancro e una causa di cattiva salute più importante degli effetti degli incidenti stradali e della malaria combinati insieme”.
Le conseguenze della violenza sulla salute possono essere dirette o indirette (se considerate dal punto di vista fisico o psicologico).
Le conseguenze dirette di un’aggressione fisica consistono in fratture, lividi e lesioni; in caso di violenza sessuale, c’è il rischio di una gravidanza indesiderata, di una malattia sessualmente trasmissibile o dell’AIDS.
Le conseguenze indirette sono scatenate dallo stress e mediate dal malfunzionamento del sistema immunitario, e possono colpire qualsiasi organo o funzione.
Un’altra modalità attraverso la quale la violenza può compromettere la salute riguarda i comportamenti a rischio: la donna abusata può smettere di mangiare, trascurare la sua salute, non effettuare i controlli sanitari necessari, oppure consumare troppi farmaci, fumare o “automedicarsi” con alcol o droghe.
Le donne vittime di maltrattamenti accusano più spesso qualsiasi problema di salute rispetto alle donne che non ne subiscono. Sul piano psicologico, conseguenze dirette di violenze fisiche o sessuali possono essere rappresentate da reazioni di ansia acuta, di dissociazione, o di numbing (rallentamento e intorpidimento delle reazioni) e, nei casi più gravi, dalla sindrome post-traumatica da stress.
Anche violenze di natura psicologica – scenate, minacce, segregazione in casa – possono scatenare gravi reazioni sul piano psicologico.
Quindi la violenza sulle donne, provoca traumi  psicologici.
Il trauma psicologico è definito come un "danno" che l'uomo subisce in seguito a un'esperienza drammatica, la parola greca "trauma" significa "ferita": infatti il trauma segna una lacerazione, una separazione netta tra un "prima" del trauma e un "dopo".
Prima dell'evento traumatico la persona percepiva di avere un controllo sulla propria vita, controllo che non sente più di avere dopo che quell'esperienza devastante l'ha colpita. Quell'evento improvviso, inaspettato e imprevedibile ha segnato un solco tra quello che era il passato e quello che sarà il futuro, perché ha travolto "senza preavviso" le persone che hanno assistito al disastro, lasciandole indifese e impotenti davanti a un fenomeno più grande di loro. Sicuramente si apre uno squarcio, una ferita profonda che destabilizza il senso di sicurezza che il soggetto aveva costruito fino a quel momento.
Ci si trova di fronte a un "cambiamento catastrofico" della propria vita.

Quali sono le conseguenze di un trauma?

Ogni persona reagisce a un trauma in maniera diversa e si parla di Disturbo Post-Traumatico da Stress solo se per oltre un mese una persona presenta i seguenti sintomi: ricordi ricorrenti e ripetuti dell’evento, immagini, pensieri, sogni ricorrenti (intrusivi), sintomi di evitamento, come cercare di evitare di ripensare a quell'evento e cercare di evitare luoghi o persone associate al trauma, e sintomi di iperarousal ovvero di aumento dell'attivazione emotiva.
Sigmund Freud formulò una definizione di evento traumatico per la psiche utilizzando termini economici: si tratta di una esperienza singola, o di una situazione protratta nel tempo, le cui implicazioni soggettive, cioè idee, cognizioni ed emozioni ad essa collegata, sono nel complesso superiori alle capacità del soggetto, in quel momento, di gestirle o di adeguarsi ad esse, cioè di integrarle nella psiche.
Per trauma psicologico si intende un'esperienza di particolare gravità, connessa a situazioni che hanno fortemente minacciato l'integrità fisica e psichica propria o altrui, un evento stressante che compromette le risorse di fronteggiamento causando un senso di impotenza e vulnerabilità. Alla base vi è l'impossibilità di costruire un significato coerente e per recuperare una dimensione di benessere è fondamentale l'integrazione e la rielaborazione di tale significato rispetto all'esperienza vissuta.
Il cervello è un sistema dinamico che influenza ed è influenzato dalle esperienze per tutto l'arco di vita: un trauma ne influenza le strutture e il funzionamento neurobiologico anche a distanza di anni; un trauma in età infantile ha un maggior potenziale di danno in quanto il cervello non ha sufficiente tolleranza allo stress.

Reazioni al trauma

Tra le reazioni al trauma, possono esservi rivivere il trauma, evitamento (Per evitamento si intende in psicologia clinica una modalità di pensiero persistente e invalidante che non consente all'individuo di affrontare una situazione temuta.Questo tipo di difesa è, per la psicologia cognitiva, alla base delle fobie e del mantenimento di credenze disfunzionali (convinzioni di pericolosità di oggetti o eventi). Quanto più un individuo evita di esporsi ad oggetti o situazioni che gli provocano paura, tanto più sarà confermata in lui la credenza che tale oggetto o situazione siano realmente pericolose), e ottundimento, incremento dell'attivazione fisica, dolore cronico, difficoltà sessuali, depressione, senso di colpa (La colpevolizzazione della vittima consiste nel ritenere la vittima di un crimine o di altre sventure parzialmente o interamente responsabile di ciò che le è accaduto e spesso nell'indurre la vittima stessa ad autocolpevolizzarsi. Un atteggiamento di "colpevolizzazione" è anche connesso con l'ipotesi che si deve conoscere e accettare una supposta "natura umana" (che sarebbe maligna in questa visione, o tendente all'abuso, alla sopraffazione), e -conseguentemente- adeguarcisi anche a scapito dei propri desideri, opinioni e della propria libertà.), vergogna, dissociazione, abuso di sostanze, disturbo post-traumatico da stress (In psicologia e psichiatria il disturbo post-traumatico da stress (DPTS) (o Post-Traumatic Stress Disorder, PTSD) è l'insieme delle forti sofferenze psicologiche che conseguono ad un evento traumatico, catastrofico o violento. La diagnosi di PTSD necessita che i sintomi siano sempre conseguenza di un evento critico, ma l'aver vissuto un'esperienza critica di per sé non genera automaticamente un disturbo post-traumatico (la prevalenza lifetime nella popolazione generale è infatti di circa il 6,8%, con una variabilità dovuta al tipo di evento, al significato soggettivo che esso assume, ed al diverso equilibrio dei fattori psicosociali di tipo protettivo o di rischio).
È denominato anche nevrosi da guerra, proprio perché inizialmente riscontrato in soldati coinvolti in pesanti combattimenti o in situazioni belliche di particolare drammaticità ).
Iniziare a vedere il comportamento del cervello in quel momento e le reazioni al trauma come risposte comuni e comprensibili, e non come comportamenti anomali di cui vergognarsi, può essere un primo passo importante.
Vivere un trauma è un'esperienza con un impatto fortissimo sulla vita della persona che lo subisce. I farmaci possono essere un supporto utile per ridurre una parte dei sintomi (es. insonnia, depressione, ... ) ma non per cancellare o risolvere i ricordi del trauma: per liberarsene è necessario un processo di ricostruzione della propria vita, un'elaborazione profonda del trauma, al fine di comprendere, integrare e accettare ciò che è successo con l'inevitabile dolore che ne comporta.
Pre-requisito importante per affrontare tale percorso è la stabilizzazione del sistema nervoso e il ripristino del senso di sicurezza personale, ovvero parlare del trauma sentendosi sicuri. Ad esempio, per cominciare a elaborare l'esperienza traumatica, può essere utile ristabilire un ordine nella propria vita prendendosi cura di sè e proteggendo il proprio diritto di essere trattati con rispetto e dignità dagli altri, eliminando l'eventuale tendenza a indurre o subire comportamenti abusivi.
Per riconciliarsi con il trauma occorre esprimerlo ed elaborarlo avendo l'opportunità di parlare a fondo della propria esperienza e degli effetti in un contesto sicuro, al fine di disattivare le sensazioni disturbanti presenti in memoria e dar voce al malessere provato: rievocare ogni dettaglio che turba emotivamente, vivere sensazioni e pensieri che derivano dall'evento traumatico, sperimentare il dolore e il disagio affrontandolo, sentendosi pronti e in grado di gestirlo.
Ad esempio, può risultare importante riconoscere sensi di colpa (ci si sente responsabili di aver contribuito a causare la situazione) e vergogna (profondo senso di umiliazione, percezione di sé come cattivi, sporchi, rovinati, indesiderabili, difettosi) e superarli, gestendo difficoltà e rabbia (male interiore; da ascoltare e affrontare con amore e pazienza il dolore che nasconde), al fine di rinforzare l'autostima.
Una ricostruzione della propria storia può favorire gradualmente la presa di consapevolezza sulle emozioni e sul modo in cui funziona la propria mente, per ristrutturarne gli schemi e dare un nuovo senso alle esperienze, recuperando flessibilità e plasticità. Raccontandola si ha la possibilità di revisionarla alla luce di nuovi significati da dare agli eventi, al senso di sé e al senso dell'altro. Riandare con la memoria a esperienze dolorose comporta un forte stress che porta alla suscettibilità di nuovi apprendimenti, sentendosi accolti e protetti in una relazione continuativa e costante vissuta come base sicura.
L'obiettivo è promuovere la resilienza, (In psicologia, la resilienza è la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. È la capacità di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza perdere la propria umanità.
Persone resilienti sono coloro che immerse in circostanze avverse riescono, nonostante tutto e talvolta contro ogni previsione,  a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti). Comprendere quanto è accaduto e accade nel mondo interiore come conseguenza dell'esperienza dolorosa, entrare in contatto con la sofferenza esprimendo le emozioni in un contesto sicuro e protetto, così da diventare consapevoli e superare il dolore del trauma senza negarlo o ignorarlo ma condividendolo: comprendere e integrare il trauma nella propria esperienza permettendo una crescita personale.
Il trattamento psicologico delle persone che hanno subito un trauma grave richiede la costruzione di un clima di fiducia prima di accedere a una fase di rielaborazione che consenta il superamento del blocco emotivo e/o esistenziale provocato dall’esperienza vissuta. Le peculiari modalità di reazione al trauma e i sintomi, acuti e cronici, che ne conseguono richiedono interventi integrati e commisurati alle caratteristiche dell’individuo. Possono, dunque, essere usate tecniche come la desensibilizzazione sistematica che prevede una graduale esposizione agli stimoli associati all’evento, come anche trattamenti psico-corporei che si concentrano sui sintomi somatici e i blocchi energetici sedimentati nel corpo.
A volte i traumi possono avere una preziosa valenza trasformativa. Si parla, infatti, di “post-traumatic grouth” (crescita post-traumatica) e fa riferimento alla possibilità di trasformare un evento fortemente doloroso e negativo in uno stimolo al cambiamento. Questa esperienza sembra molto più frequente nelle donne e si riscontra soprattutto nei giovani. Gli aspetti in cui si evidenziano maggiormente i segnali di crescita e miglioramento sono:
L’auto-percezione: cresce la valutazione positiva di sé, delle proprie risorse e capacità di resistere agli eventi difficili;
Il modo di vedere la vita: cambia l’atteggiamento verso molti aspetti dell’esistenza e si realizza una ricostruzione della gerarchia delle priorità;
I rapporti interpersonali: cresce l’empatia, intesa come capacità di sentire il dolore degli altri e migliora la qualità delle relazioni perché si dà maggior valore alla vicinanza dei propri cari.


  Dott. Ludovico Carnile
                                                                                  Psicologo Clinico