Si uccide per amore, per troppo amore. Ma dove si nasconde questo
sentimento? Dietro al proiettile esploso a bruciapelo? Nella lama che lacera
carne e tessuti? Nelle molestie fisiche e in quelle più sottili, psicologiche,
che minano le certezze e la sicurezza in se stessi, spezzando lo spirito?
La
frammentazione dell’odierna società di massa, in cui l’omologazione
generalizzata ha portato alla perdita dei punti di riferimento, ha creato una
diffusa fragilità emotiva con una conseguente incapacità nel sostenere il
dolore e nell’affrontare l’abbandono e la solitudine emotiva. Questa debolezza
caratteriale viene in qualche modo compensata, da alcuni individui, da una
necessità di vero e proprio “possesso” della persona che sta loro accanto, con
assoluta sproporzione nelle reazioni in molti casi, in cui vittima predestinata
è nella quasi totalità dei casi la donna. Chiaramente questa non può e non deve
essere giustificata in alcun modo.
Persino
in quello che a torto è considerato il tranquillizzante mondo incantato delle
fiabe, è l’universo femminile a subire violenza. Le matrigne e le sorellastre
non rendono mai conto della loro malvagità in un tribunale, per loro esistono
solamente la pubblica umiliazione, la mutilazione e spesso una morte violenta.
E più in generale, anche le donne che infine si realizzeranno saranno
sottoposte ad angherie di ogni sorta, in un continuo sottolineare un ruolo
subalterno rispetto alla sfera maschile.
RAGAZZE
ADDORMENTATE E ANZIANE SCORTICATE
Esemplare
ciò che accade alla Bella Addormentata. Derisa dal re per gli abiti
fuori moda che indossa, come se l’essere stata sprofondata in un sonno centenario
non fosse di per sé una condanna spropositata, viene violata, ingravidata e
abbandonata nel bosco dal nobile che approfitta del suo essere inerme: la
ragazza non è nulla più di un mero strumento di piacere a disposizione
dell’uomo. (1)
Passano
sessanta anni e la penna di Perrault ingentilisce il racconto per adattarlo al
gusto della corte francese, eliminando ogni riferimento allo scherno per
l’abbigliamento e all’abuso sessuale, allusione necrofila che tornerà in Qualcuno
lo chiama amore, moderna rivisitazione cinematografica datata 1979. Ma in
tutta onestà, non è altrettanto sessista e degradante la celebre versione
animata disneyana, che veicola il subdolo messaggio dell’inferiorità della
donna che necessita di essere salvata? Che può realizzarsi solamente spendendo
la propria esistenza nell’attesa del principe azzurro e quindi annullandosi
nella devozione, vivendo nella sua ombra?
Ma
sulla donna grava un’ulteriore condanna: l’obbligo di non invecchiare.
Salvatasi
fortunosamente dopo essere stata gettata da una finestra, unica colpa l’essere
anziana, la protagonista del cunto 1.10 di Basile (La vecchia scorticata)
viene derisa da alcune fate per la sua condizione, dalle stesse fate che poi
decideranno di donarle una seconda giovinezza. Pressata dall’insistenza della
sorella, ella pure avanti con gli anni, sul come sia rifiorita nel fisico, darà
una risposta talmente superficiale che ne provocherà una morte atroce. Se la
morale di fondo sottolinea l’impossibilità per due persone diverse di ottenere
il medesimo cambiamento di status ripetendo la medesima successione di eventi,
ciò che viene taciuto è innanzitutto se il re abbia pagato il conto con la
giustizia per il tentato omicidio. In seconda battuta, al lettore non è dato
sapere se la protagonista abbia dormito il sonno dei giusti, sapendosi
moralmente responsabile della morte della sorella.
Ma i
lati oscuri non mancano nemmeno nelle fiabe apparentemente schierate dalla
parte delle donne come Cenerentola; nelle diverse versioni abbondano
omicidi di matrigne, accecamenti, prevaricazioni e sorellastre disposte a
infliggersi mutilazioni pur di sposare il principe, gesto quanto mai attuale
con le cronache ricche di episodi di mercificazione del corpo femminile nel
miraggio del facile successo, mutilazioni dell’emancipazione per il
compiacimento del potente di turno, in cambio magari di una comoda e ben
remunerata poltrona in un consiglio regionale.
Archetipo
del cambiamento di status, continuamente riproposta in innumerevoli
declinazioni letterarie e cinematografiche (2), non sempre quella di
Cenerentola è una storia di riscatto: nel 1938 sarà l’indiscusso maestro dell’hard-boiled
Raymond Chandler a ricordarci che non per tutte le principesse esiste il lieto
fine con Blues di Bay City, robusto e godibile racconto nero.
UNA
BAMBINA SENZA NOME
Povera
Cappuccetto Rosso! Non conosciamo nemmeno il suo nome, altro non è che la
vittima per eccellenza del mondo fiabesco, il classico numero anonimo di una
statistica criminale e per questo non le serve proprio, un nome.
Tutti
hanno infierito su di lei, come giustamente sottolinea Michele Rak (3). La
madre irresponsabile che la spedisce dalla nonna, il lupo che approfitta della
sua ingenuità e soprattutto coloro che negli anni sono intervenuti sulla
storia, aggiungendo e togliendo particolari, riscrivendo situazioni,
annacquando sempre più gli aspetti scabrosi per adattarla a un pubblico
infantile, ma sempre mantenendo il focus sullo sbranamento. Metafora della
perdita dell’innocenza per Perrault, oggi col mutare dei costumi e dell’etica
della società moderna l’attenzione si è spostata sulle allusioni pedofile, come
testimoniato dal disturbante film In compagnia dei lupi (1984) o da un
recente romanzo di Beate Teresa Hanika, Cappuccetto Rosso deve piangere (2010).
Provvederanno le Fable Girls a restituire un poco di dignità alla sprovveduta
ragazzina petulante, con una irriverente quanto divertente rivisitazione
fotografica della fiaba (2012)
UN
PERFETTO GENTILUOMO
È
gentile, ricco, generoso, premuroso. Ed è un uxoricida. Ispiratosi alle
sanguinarie gesta del maresciallo di Francia Gilles de Rais (1404-1440), sadico
massacratore di centinaia di bambini, Perrault crea quello che probabilmente è
il più celebre serial killer letterario di tutti i tempi, vero e proprio testimonial,
se mai se ne fosse sentita l’esigenza, del femminicidio.
Barbablù
è per certi versi figlio del suo tempo, un uomo dalla mentalità ristretta
incapace di aprirsi ai cambiamenti sociali in atto nella società barocca, che
non è in grado di accettare una maggiore indipendenza femminile… ma i fatti di
cronaca ci ricordano tristemente che le cose non sono poi cambiate di molto a
distanza di quattro secoli.
Oggi
probabilmente non troverebbe scampo nemmeno la settima moglie (4): l’odierna
assenza di veri rapporti interpersonali, sostituiti da impalpabili legami nati
su social network, e nuclei familiari sempre più ristretti che precluderebbero
il salvataggio da parte dei fratelli, sarebbero interessanti spunti per una più
ampia riflessione sulla disgregazione della famiglia moderna.
(1)
Giambattista Basile è l’autore di Sole, Luna e Talia, prima stesura
della fiaba della Bella Addormentata contenuta nella raccolta Cunto de li
cunti, pubblicata in 5 volumi tra il 1634 ed il 1636.
(2)
Il cinema è l’industria dei sogni, e la storia di Cenerentola si presta
magnificamente a essere rappresentata sul grande schermo. Oltre
all’inflazionatissimo Pretty Woman (1990), meritano una citazione Cendrillon
(1899) di Méliès, Cinderfella (1960) interpretato da Jerry Lewis, la
doppia performance di Audrey Hepburn in Sabrina (1954) e Cenerentola
a Parigi (1957), e il pugile Russell Crowe in Cinderella Man (2005),
ma l’elenco potrebbe proseguire a lungo.
(3)
Michele Rak, Da Cenerentola a Cappuccetto Rosso. Breve storia illustrata
della fiaba barocca. Mondatori, 2007.
(4)
La vicenda di Barbablù è stata portata sullo schermo da Edward Dmytryk nel
1972, ma certamente più interessante è Dietro la porta chiusa di Fritz
Lang (1947), in cui il regista utilizza i temi della psicanalisi per raccontare
la più classica storia nera familiare.