lunedì 26 ottobre 2015

LE FIABE E LA VIOLENZA SULLE DONNE





Si uccide per amore, per troppo amore. Ma dove si nasconde questo sentimento? Dietro al proiettile esploso a bruciapelo? Nella lama che lacera carne e tessuti? Nelle molestie fisiche e in quelle più sottili, psicologiche, che minano le certezze e la sicurezza in se stessi, spezzando lo spirito?
La frammentazione dell’odierna società di massa, in cui l’omologazione generalizzata ha portato alla perdita dei punti di riferimento, ha creato una diffusa fragilità emotiva con una conseguente incapacità nel sostenere il dolore e nell’affrontare l’abbandono e la solitudine emotiva. Questa debolezza caratteriale viene in qualche modo compensata, da alcuni individui, da una necessità di vero e proprio “possesso” della persona che sta loro accanto, con assoluta sproporzione nelle reazioni in molti casi, in cui vittima predestinata è nella quasi totalità dei casi la donna. Chiaramente questa non può e non deve essere giustificata in alcun modo.
Persino in quello che a torto è considerato il tranquillizzante mondo incantato delle fiabe, è l’universo femminile a subire violenza. Le matrigne e le sorellastre non rendono mai conto della loro malvagità in un tribunale, per loro esistono solamente la pubblica umiliazione, la mutilazione e spesso una morte violenta. E più in generale, anche le donne che infine si realizzeranno saranno sottoposte ad angherie di ogni sorta, in un continuo sottolineare un ruolo subalterno rispetto alla sfera maschile.

RAGAZZE ADDORMENTATE E ANZIANE SCORTICATE

Esemplare ciò che accade alla Bella Addormentata. Derisa dal re per gli abiti fuori moda che indossa, come se l’essere stata sprofondata in un sonno centenario non fosse di per sé una condanna spropositata, viene violata, ingravidata e abbandonata nel bosco dal nobile che approfitta del suo essere inerme: la ragazza non è nulla più di un mero strumento di piacere a disposizione dell’uomo. (1)
Passano sessanta anni e la penna di Perrault ingentilisce il racconto per adattarlo al gusto della corte francese, eliminando ogni riferimento allo scherno per l’abbigliamento e all’abuso sessuale, allusione necrofila che tornerà in Qualcuno lo chiama amore, moderna rivisitazione cinematografica datata 1979. Ma in tutta onestà, non è altrettanto sessista e degradante la celebre versione animata disneyana, che veicola il subdolo messaggio dell’inferiorità della donna che necessita di essere salvata? Che può realizzarsi solamente spendendo la propria esistenza nell’attesa del principe azzurro e quindi annullandosi nella devozione, vivendo nella sua ombra?
Ma sulla donna grava un’ulteriore condanna: l’obbligo di non invecchiare.
Salvatasi fortunosamente dopo essere stata gettata da una finestra, unica colpa l’essere anziana, la protagonista del cunto 1.10 di Basile (La vecchia scorticata) viene derisa da alcune fate per la sua condizione, dalle stesse fate che poi decideranno di donarle una seconda giovinezza. Pressata dall’insistenza della sorella, ella pure avanti con gli anni, sul come sia rifiorita nel fisico, darà una risposta talmente superficiale che ne provocherà una morte atroce. Se la morale di fondo sottolinea l’impossibilità per due persone diverse di ottenere il medesimo cambiamento di status ripetendo la medesima successione di eventi, ciò che viene taciuto è innanzitutto se il re abbia pagato il conto con la giustizia per il tentato omicidio. In seconda battuta, al lettore non è dato sapere se la protagonista abbia dormito il sonno dei giusti, sapendosi moralmente responsabile della morte della sorella.
Ma i lati oscuri non mancano nemmeno nelle fiabe apparentemente schierate dalla parte delle donne come Cenerentola; nelle diverse versioni abbondano omicidi di matrigne, accecamenti, prevaricazioni e sorellastre disposte a infliggersi mutilazioni pur di sposare il principe, gesto quanto mai attuale con le cronache ricche di episodi di mercificazione del corpo femminile nel miraggio del facile successo, mutilazioni dell’emancipazione per il compiacimento del potente di turno, in cambio magari di una comoda e ben remunerata poltrona in un consiglio regionale.
Archetipo del cambiamento di status, continuamente riproposta in innumerevoli declinazioni letterarie e cinematografiche (2), non sempre quella di Cenerentola è una storia di riscatto: nel 1938 sarà l’indiscusso maestro dell’hard-boiled Raymond Chandler a ricordarci che non per tutte le principesse esiste il lieto fine con Blues di Bay City, robusto e godibile racconto nero.

UNA BAMBINA SENZA NOME

Povera Cappuccetto Rosso! Non conosciamo nemmeno il suo nome, altro non è che la vittima per eccellenza del mondo fiabesco, il classico numero anonimo di una statistica criminale e per questo non le serve proprio, un nome.
Tutti hanno infierito su di lei, come giustamente sottolinea Michele Rak (3). La madre irresponsabile che la spedisce dalla nonna, il lupo che approfitta della sua ingenuità e soprattutto coloro che negli anni sono intervenuti sulla storia, aggiungendo e togliendo particolari, riscrivendo situazioni, annacquando sempre più gli aspetti scabrosi per adattarla a un pubblico infantile, ma sempre mantenendo il focus sullo sbranamento. Metafora della perdita dell’innocenza per Perrault, oggi col mutare dei costumi e dell’etica della società moderna l’attenzione si è spostata sulle allusioni pedofile, come testimoniato dal disturbante film In compagnia dei lupi (1984) o da un recente romanzo di Beate Teresa Hanika, Cappuccetto Rosso deve piangere (2010). Provvederanno le Fable Girls a restituire un poco di dignità alla sprovveduta ragazzina petulante, con una irriverente quanto divertente rivisitazione fotografica della fiaba (2012)

UN PERFETTO GENTILUOMO

È gentile, ricco, generoso, premuroso. Ed è un uxoricida. Ispiratosi alle sanguinarie gesta del maresciallo di Francia Gilles de Rais (1404-1440), sadico massacratore di centinaia di bambini, Perrault crea quello che probabilmente è il più celebre serial killer letterario di tutti i tempi, vero e proprio testimonial, se mai se ne fosse sentita l’esigenza, del femminicidio.
Barbablù è per certi versi figlio del suo tempo, un uomo dalla mentalità ristretta incapace di aprirsi ai cambiamenti sociali in atto nella società barocca, che non è in grado di accettare una maggiore indipendenza femminile… ma i fatti di cronaca ci ricordano tristemente che le cose non sono poi cambiate di molto a distanza di quattro secoli.
Oggi probabilmente non troverebbe scampo nemmeno la settima moglie (4): l’odierna assenza di veri rapporti interpersonali, sostituiti da impalpabili legami nati su social network, e nuclei familiari sempre più ristretti che precluderebbero il salvataggio da parte dei fratelli, sarebbero interessanti spunti per una più ampia riflessione sulla disgregazione della famiglia moderna.
(1)  Giambattista Basile è l’autore di Sole, Luna e Talia, prima stesura della fiaba della Bella Addormentata contenuta nella raccolta Cunto de li cunti, pubblicata in 5 volumi tra il 1634 ed il 1636.
(2)  Il cinema è l’industria dei sogni, e la storia di Cenerentola si presta magnificamente a essere rappresentata sul grande schermo. Oltre all’inflazionatissimo Pretty Woman (1990), meritano una citazione Cendrillon (1899) di Méliès, Cinderfella (1960) interpretato da Jerry Lewis, la doppia performance di Audrey Hepburn in Sabrina (1954) e Cenerentola a Parigi (1957), e il pugile Russell Crowe in Cinderella Man (2005), ma l’elenco potrebbe proseguire a lungo.
(3)  Michele Rak, Da Cenerentola a Cappuccetto Rosso. Breve storia illustrata della fiaba barocca. Mondatori, 2007.
(4)  La vicenda di Barbablù è stata portata sullo schermo da Edward Dmytryk nel 1972, ma certamente più interessante è Dietro la porta chiusa di Fritz Lang (1947), in cui il regista utilizza i temi della psicanalisi per raccontare la più classica storia nera familiare.

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