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dott. Ludovico Carnile -psicologo clinico- | |
La
violenza sulle donne e le sue conseguenze sono state ignorate nella società e
nei servizi sanitari fino a solo pochi decenni fa.
Oggi sappiamo che la violenza su una
donna, quasi sempre compiuta da uomini che conosce bene come il marito o il
fidanzato, è frequente, e che le sue conseguenze possono essere devastanti.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della
Sanità, “la violenza contro le donne rappresenta un problema di salute enorme …
A livello mondiale, si stima che la violenza sia una causa di morte o
disabilità per le donne in età riproduttiva altrettanto grave del cancro e una
causa di cattiva salute più importante degli effetti degli incidenti stradali e
della malaria combinati insieme”.
Le conseguenze della violenza sulla
salute possono essere dirette o indirette (se considerate dal punto di vista
fisico o psicologico).
Le conseguenze dirette di un’aggressione
fisica consistono in fratture, lividi e lesioni; in caso di violenza sessuale,
c’è il rischio di una gravidanza indesiderata, di una malattia sessualmente
trasmissibile o dell’AIDS.
Le conseguenze indirette sono scatenate
dallo stress e mediate dal malfunzionamento del sistema immunitario, e possono
colpire qualsiasi organo o funzione.
Un’altra modalità attraverso la quale la
violenza può compromettere la salute riguarda i comportamenti a rischio: la
donna abusata può smettere di mangiare, trascurare la sua salute, non
effettuare i controlli sanitari necessari, oppure consumare troppi farmaci,
fumare o “automedicarsi” con alcol o droghe.
Le donne vittime di maltrattamenti
accusano più spesso qualsiasi problema di salute rispetto alle donne che non ne
subiscono. Sul piano psicologico, conseguenze dirette di violenze fisiche o
sessuali possono essere rappresentate da reazioni di ansia acuta, di
dissociazione, o di numbing (rallentamento e intorpidimento delle reazioni) e,
nei casi più gravi, dalla sindrome post-traumatica da stress.
Anche
violenze di natura psicologica – scenate, minacce, segregazione in casa – possono
scatenare gravi reazioni sul piano psicologico.
Quindi
la violenza sulle donne, provoca traumi
psicologici.
Il trauma psicologico è definito come un
"danno" che l'uomo subisce in seguito a un'esperienza drammatica, la
parola greca "trauma" significa "ferita": infatti il trauma
segna una lacerazione, una separazione netta tra un "prima" del
trauma e un "dopo".
Prima dell'evento traumatico la persona
percepiva di avere un controllo sulla propria vita, controllo che non sente più
di avere dopo che quell'esperienza devastante l'ha colpita. Quell'evento
improvviso, inaspettato e imprevedibile ha segnato un solco tra quello che era
il passato e quello che sarà il futuro, perché ha travolto "senza
preavviso" le persone che hanno assistito al disastro, lasciandole
indifese e impotenti davanti a un fenomeno più grande di loro. Sicuramente
si apre uno squarcio, una ferita profonda che destabilizza il senso di
sicurezza che il soggetto aveva costruito fino a quel momento.
Ci si trova di fronte a un
"cambiamento catastrofico" della propria vita.
Quali sono le
conseguenze di un trauma?
Ogni persona reagisce a un trauma in
maniera diversa e si parla di Disturbo Post-Traumatico da Stress solo se per
oltre un mese una persona presenta i seguenti sintomi: ricordi ricorrenti e
ripetuti dell’evento, immagini, pensieri, sogni ricorrenti (intrusivi), sintomi
di evitamento, come cercare di evitare di ripensare a quell'evento e cercare di
evitare luoghi o persone associate al trauma, e sintomi di iperarousal ovvero
di aumento dell'attivazione emotiva.
Sigmund
Freud formulò una definizione di evento traumatico per la
psiche utilizzando termini economici: si tratta di una esperienza singola, o di
una situazione protratta nel tempo, le cui implicazioni soggettive, cioè idee,
cognizioni ed emozioni ad essa collegata, sono nel complesso superiori alle
capacità del soggetto, in quel momento, di gestirle o di adeguarsi ad esse,
cioè di integrarle nella psiche.
Per trauma psicologico si intende
un'esperienza di particolare gravità, connessa a situazioni che hanno
fortemente minacciato l'integrità fisica e psichica propria o altrui, un evento
stressante che compromette le risorse di fronteggiamento causando un senso di
impotenza e vulnerabilità. Alla base vi è l'impossibilità di costruire un
significato coerente e per recuperare una dimensione di benessere è
fondamentale l'integrazione e la rielaborazione di tale significato rispetto
all'esperienza vissuta.
Il
cervello è un sistema dinamico che influenza ed è influenzato dalle esperienze
per tutto l'arco di vita: un trauma ne influenza le strutture e il
funzionamento neurobiologico anche a distanza di anni; un trauma in età
infantile ha un maggior potenziale di danno in quanto il cervello non ha
sufficiente tolleranza allo stress.
Reazioni al trauma
Tra le reazioni al trauma, possono
esservi rivivere il trauma, evitamento (Per
evitamento si intende in psicologia clinica una modalità di pensiero
persistente e invalidante che non consente all'individuo di affrontare una
situazione temuta.Questo
tipo di difesa è, per la psicologia cognitiva, alla base delle fobie e del
mantenimento di credenze disfunzionali (convinzioni di pericolosità di oggetti
o eventi). Quanto più un individuo evita di esporsi ad oggetti o situazioni che
gli provocano paura, tanto più sarà confermata in lui la credenza che tale
oggetto o situazione siano realmente pericolose),
e ottundimento, incremento dell'attivazione fisica, dolore cronico, difficoltà
sessuali, depressione, senso di colpa (La
colpevolizzazione della vittima consiste nel ritenere la vittima di un crimine
o di altre sventure parzialmente o interamente responsabile di ciò che le è
accaduto e spesso nell'indurre la vittima stessa ad autocolpevolizzarsi. Un
atteggiamento di "colpevolizzazione" è anche connesso con l'ipotesi
che si deve conoscere e accettare una supposta "natura umana" (che
sarebbe maligna in questa visione, o tendente all'abuso, alla sopraffazione), e
-conseguentemente- adeguarcisi anche a scapito dei propri desideri, opinioni e
della propria libertà.), vergogna, dissociazione, abuso di sostanze,
disturbo post-traumatico da stress (In psicologia e psichiatria il disturbo
post-traumatico da stress (DPTS) (o Post-Traumatic Stress Disorder, PTSD) è
l'insieme delle forti sofferenze psicologiche che conseguono ad un evento
traumatico, catastrofico o violento. La diagnosi di PTSD necessita che i
sintomi siano sempre conseguenza di un evento critico, ma l'aver vissuto
un'esperienza critica di per sé non genera automaticamente un disturbo
post-traumatico (la prevalenza lifetime nella popolazione generale è infatti di
circa il 6,8%, con una variabilità dovuta al tipo di evento, al significato
soggettivo che esso assume, ed al diverso equilibrio dei fattori psicosociali
di tipo protettivo o di rischio).
È
denominato anche nevrosi da guerra, proprio perché inizialmente riscontrato in
soldati coinvolti in pesanti combattimenti o in situazioni belliche di
particolare drammaticità ).
Iniziare
a vedere il comportamento del cervello in quel momento e le reazioni al trauma
come risposte comuni e comprensibili, e non come comportamenti anomali di cui
vergognarsi, può essere un primo passo importante.
Vivere un trauma è un'esperienza con un
impatto fortissimo sulla vita della persona che lo subisce. I farmaci possono
essere un supporto utile per ridurre una parte dei sintomi (es. insonnia,
depressione, ... ) ma non per cancellare o risolvere i ricordi del trauma: per
liberarsene è necessario un processo di ricostruzione della propria vita,
un'elaborazione profonda del trauma, al fine di comprendere, integrare e
accettare ciò che è successo con l'inevitabile dolore che ne comporta.
Pre-requisito importante per affrontare
tale percorso è la stabilizzazione del sistema nervoso e il ripristino del
senso di sicurezza personale, ovvero parlare del trauma sentendosi sicuri. Ad
esempio, per cominciare a elaborare l'esperienza traumatica, può essere utile
ristabilire un ordine nella propria vita prendendosi cura di sè e proteggendo
il proprio diritto di essere trattati con rispetto e dignità dagli altri,
eliminando l'eventuale tendenza a indurre o subire comportamenti abusivi.
Per riconciliarsi con il trauma occorre
esprimerlo ed elaborarlo avendo l'opportunità di parlare a fondo della propria
esperienza e degli effetti in un contesto sicuro, al fine di disattivare le
sensazioni disturbanti presenti in memoria e dar voce al malessere provato:
rievocare ogni dettaglio che turba emotivamente, vivere sensazioni e pensieri
che derivano dall'evento traumatico, sperimentare il dolore e il disagio
affrontandolo, sentendosi pronti e in grado di gestirlo.
Ad esempio, può risultare importante
riconoscere sensi di colpa (ci si sente responsabili di aver contribuito a
causare la situazione) e vergogna (profondo senso di umiliazione, percezione di
sé come cattivi, sporchi, rovinati, indesiderabili, difettosi) e superarli,
gestendo difficoltà e rabbia (male interiore; da ascoltare e affrontare con
amore e pazienza il dolore che nasconde), al fine di rinforzare l'autostima.
Una ricostruzione della propria storia
può favorire gradualmente la presa di consapevolezza sulle emozioni e sul modo
in cui funziona la propria mente, per ristrutturarne gli schemi e dare un nuovo
senso alle esperienze, recuperando flessibilità e plasticità. Raccontandola si
ha la possibilità di revisionarla alla luce di nuovi significati da dare agli
eventi, al senso di sé e al senso dell'altro. Riandare con la memoria a
esperienze dolorose comporta un forte stress che porta alla suscettibilità di
nuovi apprendimenti, sentendosi accolti e protetti in una relazione
continuativa e costante vissuta come base sicura.
L'obiettivo è promuovere la resilienza, (In psicologia, la resilienza
è la capacità di far fronte in maniera positiva agli eventi traumatici, di
riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà. È la
capacità di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la
vita offre, senza perdere la propria umanità.
Persone
resilienti sono coloro che immerse in circostanze avverse riescono, nonostante
tutto e talvolta contro ogni previsione,
a fronteggiare efficacemente le contrarietà, a dare nuovo slancio alla
propria esistenza e perfino a raggiungere mete importanti).
Comprendere quanto è accaduto e accade nel mondo interiore come conseguenza
dell'esperienza dolorosa, entrare in contatto con la sofferenza esprimendo le
emozioni in un contesto sicuro e protetto, così da diventare consapevoli e
superare il dolore del trauma senza negarlo o ignorarlo ma condividendolo:
comprendere e integrare il trauma nella propria esperienza permettendo una
crescita personale.
Il trattamento psicologico delle persone
che hanno subito un trauma grave richiede la costruzione di un clima di fiducia
prima di accedere a una fase di rielaborazione che consenta il superamento del
blocco emotivo e/o esistenziale provocato dall’esperienza vissuta. Le peculiari
modalità di reazione al trauma e i sintomi, acuti e cronici, che ne conseguono
richiedono interventi integrati e commisurati alle caratteristiche
dell’individuo. Possono, dunque, essere usate tecniche come la
desensibilizzazione sistematica che prevede una graduale esposizione agli
stimoli associati all’evento, come anche trattamenti psico-corporei che si
concentrano sui sintomi somatici e i blocchi energetici sedimentati nel corpo.
A volte i traumi possono avere una
preziosa valenza trasformativa. Si parla, infatti, di “post-traumatic grouth”
(crescita post-traumatica) e fa riferimento alla possibilità di trasformare un
evento fortemente doloroso e negativo in uno stimolo al cambiamento. Questa
esperienza sembra molto più frequente nelle donne e si riscontra soprattutto
nei giovani. Gli aspetti in cui si evidenziano maggiormente i segnali di
crescita e miglioramento sono:
◾L’auto-percezione:
cresce la valutazione positiva di sé, delle proprie risorse e capacità di
resistere agli eventi difficili;
◾Il
modo di vedere la vita: cambia l’atteggiamento verso molti aspetti
dell’esistenza e si realizza una ricostruzione della gerarchia delle priorità;
◾I
rapporti interpersonali: cresce l’empatia, intesa come capacità di sentire il
dolore degli altri e migliora la qualità delle relazioni perché si dà maggior
valore alla vicinanza dei propri cari.
Dott. Ludovico Carnile
Psicologo Clinico