Kiko Arguello |
lunedì 22 giugno 2015
sabato 6 giugno 2015
ARTEMISIA FILM
Da un processo per stupro
Il caso Tassi/Gentileschi a Roma fece scalpore, non per lo stupro ma perché il colpevole aveva rifiutato l'attesa riparazione.
Nel 1612 ebbe inizio il processo, protrattosi per vari mesi, e
tutto ebbe inizio dalla petizione indirizzata al Pontefice dal padre.
Artemisia aveva 15 anni e Agostino circa 32. La petizione così recitava:
Artemisia dichiarò che l'anno precedente, nella sua casa di via
della Croce, il suo insegnante di prospettiva l'aveva violentata.
In seguito l'aveva illusa di sposarla - facendo sì che la ragazza si
comportasse more uxorio - ma quando lei ebbe scoperto l'inganno, ne informò il padre che ricorse in giudizio.
La giovane dovette confermare l'accusa subendo un ulteriore
interrogatorio sotto tortura: quando le legarono le cordicelle alle dita
gridò al Tassi: Questo è l'anello che mi dai, e queste sono le promesse!
Inoltre il processo rivelò la discutibile situazione personale di
Agostino Tassi. L'amico Stiattesi affermò di averlo conosciuto quando
viveva a Livorno ed era ammogliato
con certa Maria, la quale gli fuggì con un suo drudo. Egli dopo averla
cercata invano, saputola nel Mantovano la fece uccidere da sicari.
Quando fu abbandonato dalla consorte venne a Roma con la cognata [allora
quattordicenne] e nell'anno precedente a questa deposizione fu
querelato per incesto (i rapporti sessuali con una cognata, essendo viva
la moglie, erano considerati incestuosi). So che amava Artemisia da cui
aveva avuto un quadro figurante una Giuditta. Gli aveva detto non di
poterla sposare perché credeva che il Cosimo [Quorli] ne avesse pure
profittato.
Al processo per incesto (un anno prima di questo per stupro) la sorella di Agostino, Olimpia, così aveva dichiarato: questo
mio fratello è un furbaccio et un tristo che non ha mai voluto fare
bene sino da piccolo et perciò se ne andò via fuori di Roma a Livorno et
si troveranno scritture et processi delle furberie che ha fatte quando è
stato fuori Roma.
Tassi si difese debolmente dalle accuse, affermando che la moglie era morta non so come e quando, poiché io la lasciai a Lucca
e che Gentileschi e Stiattesi, un tempo suoi amici, avevano montato
tutte queste accuse per evitare di restituirgli il denaro che aveva
prestato loro.
Tassi scontò otto mesi nella prigione di Corte Savella ma alla fine il caso fu archiviato.
Indubbiamente ad Artemisia costò molta fatica riabilitarsi,
tramite un matrimonio ma soprattutto tramite la carriera, agli occhi
della società dalla vicenda dello stupro. Non tutti ebbero comprensione
per le sue traversie: crudele e volgare suona in tal senso l'epitaffio
dedicatole dai veneziani Giovan Francesco Loredano e Pietro Michiele
(Venezia 1653), in cui si ironizza sul suo nome Arte / mi / sia / Gentil
/ esca:
Co'l dipinger la faccia a questo e a quello
Nel mondo m'acquistai merto infinito
Nel l'intagliar le corna a mio marito
Lasciai il pennello, e presi lo scalpello
Gentil'esca de cori a chi vedermi
Poteva sempre fui nel cieco Mondo;
Hor, che tra questi marmi mi nascondo,
Sono fatta Gentil'esca de vermi.
Agostino Tassi
Dopo l'affare Gentileschi Tassi continuò ad accumulare processi e violenze.
I suoi infortuni giudiziari erano sulla bocca di tutti a Roma, nel suo curriculum vitae
comparivano stupro, incesto, sodomia, furti, debiti e accuse (mai
provate) di omicidio, ma la sua reputazione non ebbe reali conseguenze
sul suo lavoro.
Tassi
era abilissimo quadraturista, pittore di prospettive, oltre che autore
di paesaggi, marine, battaglie.
La sua bottega a Roma era frequentata da molti artisti, italiani e
stranieri, soprattutto fiamminghi. Proprio in quel periodo stava
nascendo la tradizione dei capricci architettonici, genere destinato ad
una grande fortuna nel secolo XVIII.
Il pittore infatti ebbe molte commissioni dalle più prestigiose famiglie
patrizie romane, come i Peretti, i Rospigliosi, i Lancellotti, i
Ludovisi, i Pamphili e decorò alcune stanze e una cappella privata al
Quirinale (residenza del Papa).
Papa Innocenzo X una volta disse che di tutti i pittori con cui aveva
avuto a che fare, solo Agostino Tassi non l'aveva ingannato: Habbiamo
sempre tenuto in cattivo concetto molti di questa professione, ma, con
averli praticati, ci sono riusciti onorati, e di buone qualità; avendo
sempre tenuto per uno sciagurato Agostino, ci è sempre, in ogni
esperienza, riuscito tale, e così non ci semo ingannati di lui.
Tassi scontò otto mesi nella prigione di Corte Savella ma alla fine il caso fu archiviato.
In seguito Agostino ed Orazio Gentileschi si riavvicinarono dimenticando l'accaduto. A quanto pare la soglia di tolleranza delle violenze sulle donne era molto bassa nella società del tempo...
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