sabato 6 giugno 2015

ARTEMISIA FILM


Da un processo per stupro

Il caso Tassi/Gentileschi a Roma fece scalpore, non per lo stupro ma perché il colpevole aveva rifiutato l'attesa riparazione.
Nel 1612 ebbe inizio il processo, protrattosi per vari mesi, e tutto ebbe inizio dalla petizione indirizzata al Pontefice dal padre. Artemisia aveva 15 anni e Agostino circa 32. La petizione così recitava: 

 
Artemisia dichiarò che l'anno precedente, nella sua casa di via della Croce, il suo insegnante di prospettiva l'aveva violentata. In seguito l'aveva illusa di sposarla - facendo sì che la ragazza si comportasse more uxorio - ma quando lei ebbe scoperto l'inganno, ne informò il padre che ricorse in giudizio.
La giovane dovette confermare l'accusa subendo un ulteriore interrogatorio sotto tortura: quando le legarono le cordicelle alle dita gridò al Tassi: Questo è l'anello che mi dai, e queste sono le promesse!
Tassi si difese debolmente dalle accuse, affermando che la moglie era morta non so come e quando, poiché io la lasciai a Lucca e che Gentileschi e Stiattesi, un tempo suoi amici, avevano montato tutte queste accuse per evitare di restituirgli il denaro che aveva prestato loro.
Tassi scontò otto mesi nella prigione di Corte Savella ma alla fine il caso fu archiviato.
Indubbiamente ad Artemisia costò molta fatica riabilitarsi, tramite un matrimonio ma soprattutto tramite la carriera, agli occhi della società dalla vicenda dello stupro. Non tutti ebbero comprensione per le sue traversie: crudele e volgare suona in tal senso l'epitaffio dedicatole dai veneziani Giovan Francesco Loredano e Pietro Michiele (Venezia 1653), in cui si ironizza sul suo nome Arte / mi / sia / Gentil / esca:  

Co'l dipinger la faccia a questo e a quello
Nel mondo m'acquistai merto infinito 
Nel l'intagliar le corna a mio marito 
Lasciai il pennello, e presi lo scalpello 
Gentil'esca de cori a chi vedermi 
Poteva sempre fui nel cieco Mondo; 
Hor, che tra questi marmi mi nascondo, 
Sono fatta Gentil'esca de vermi. 
Agostino Tassi 
Dopo l'affare Gentileschi Tassi continuò ad accumulare processi e violenze. I suoi infortuni giudiziari erano sulla bocca di tutti a Roma, nel suo curriculum vitae comparivano stupro, incesto, sodomia, furti, debiti e accuse (mai provate) di omicidio, ma la sua reputazione non ebbe reali conseguenze sul suo lavoro. Tassi era abilissimo quadraturista, pittore di prospettive, oltre che autore di paesaggi, marine, battaglie. La sua bottega a Roma era frequentata da molti artisti, italiani e stranieri, soprattutto fiamminghi. Proprio in quel periodo stava nascendo la tradizione dei capricci architettonici, genere destinato ad una grande fortuna nel secolo XVIII. Il pittore infatti ebbe molte commissioni dalle più prestigiose famiglie patrizie romane, come i Peretti, i Rospigliosi, i Lancellotti, i Ludovisi, i Pamphili e decorò alcune stanze e una cappella privata al Quirinale (residenza del Papa).
Tassi scontò otto mesi nella prigione di Corte Savella ma alla fine il caso fu archiviato.
In seguito Agostino ed Orazio Gentileschi si riavvicinarono dimenticando l'accaduto. A quanto pare la soglia di tolleranza delle violenze sulle donne era molto bassa nella società del tempo...

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