lunedì 20 maggio 2013

ROSARIA SCEGLIE DI TORNARE CON LUI





20 maggio 2013

L’amore fa soffrire. O almeno così ci hanno sempre detto.
La notizia che Rosaria, la ragazza di Macerata Campania ricoverata per l’asportazione della milza in seguito alle percosse del compagno, voglia ritirare la denuncia, ha fatto il giro del web.
Una scelta che appare incomprensibile. Anzi per alcuni quella di Rosaria non può essere nemmeno considerata una scelta.
La maggior parte degli articoli che riportano la notizia lo fanno cercando di far apparire Rosaria incapace di intendere e di volere.
In questo articolo del Corriere online Rosaria è quella ragazza che oggi dice di voler tornare con il compagno violento, ieri diceva che assolutamente non voleva più vederlo, insomma una persona che ha qualche disturbo.
Pazza. Deve essere pazza per voler tornare con l’uomo che le ha spappolato la milza.
La diagnosi di disturbo psichico paradossalmente potrebbe essere rassicurante. È pazza poverina, va curata.
Ma non credo proprio si tratti di malattia. Non è malata lei, così come non è malato lui. Rosaria e il ragazzo che l’ha picchiata vivono in un contesto in cui le relazioni obbediscono alle regole del possesso. Questa cultura è molto pervasiva, ma non può essere intesa come totalizzante, ed è qui che si inserisce il concetto di autodeterminazione, così difficile da tirare in ballo in questo contesto.
È una scelta autodeterminata quella di tornare con l’uomo che ti ha quasi uccisa?
Non è mia intenzione dare risposte, non è il mio compito e non ne ho. Quel che vorrei è problematizzare, cercare di non cadere nelle semplificazioni del “è pazza” oppure “è vittima della società patriarcale”, perché così facendo si rischia lo stereotipo, ovvero quello strumento usato per semplificare e banalizzare una realtà più complessa.
Pur con la consapevolezza che il contesto culturale e sociale nel quale viviamo non sia totalizzante, non possiamo negare che sia però fortemente pervasivo.
Le donne si sacrificano, le donne rinunciano, le donne si mettono da parte. Per amore. Questo ci viene insegnato.
Le donne mandano avanti la famiglia, la tengono insieme, per i figli, perché per i figli le donne si sacrificano, rinunciano, si mettono da parte. Questo ci viene insegnato. Sin da piccole.
Ci fanno sognare un amore dove la gelosia e il possesso li chiamano romanticismo e passione. Ci parlano del matrimonio come l’evento più bello della nostra vita. Quel matrimonio che spesso per la donna significa completa abnegazione.
Le bambine sono più obbedienti. Le donne sono naturalmente portate per essere madri e anche un po’ martiri. Le donne perdonano.
La verità invece è che gli uomini non nascono violenti e le donne non nascono martiri, ma viviamo in un contesto culturale che rafforza e riproduce continuamente idee e stereotipi che alimentano e fanno circolare la violenza. La donna deve farsi carico con dedizione assoluta dei lavori di cura,  le donne devono essere obbedienti e ricoprire una posizione subordinata nella relazione di coppia, l’uomo deve mantenere economicamente la famiglia, il possesso e la gelosia sono sintomi d’amore. Queste sono alcune delle idee che alimentano la violenza.
Rosaria e tante altre donne come lei, non sono pazze, non sono incapaci di intendere e di volere, ma le loro scelte vanno contestualizzate. Il contesto culturale e sociale non determina, ma influenza. Lavorare per cambiare, per smantellare, per decostruire pezzo per pezzo questa cultura che ci vuole passive, sottomesse, pronte a negarci.  Questa credo sia l’unica risposta che possiamo dare.

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