NAPOLI -
Alessandra Sorrentino morì più o meno due anni fa, a Palma Campania,
una notte di inizio estate. Era giovane, madre di due bimbi, e fu uccisa
con una paio di forbici dal marito. Una morte efferata, ricordata con
sentimento e dolore con un evento tenutosi nel teatro comunale di Palma,
nato dalla collaborazione delle donne di varie associazioni presenti
sul territorio. Una manifestazione che ha avuto come scopo quello di
“purificare”- come dichiara l’organizzatrice Michela Buonagura- una
giovane 26enne vittima di un uomo, ma anche delle chiacchiere di paese.
«Io non conoscevo Alessandra, – dice Michela Buonagura – ma ho partecipato ai suoi funerali,
come tanti altri, come sempre accade quando un paese viene colpito da
un fatto tragico. Quei funerali sono rimasti impressi nella mia mente,
un ricordo indelebile. Solo donne, solo donne con i visi afflitti e lo
sdegno negli occhi; gli uomini si potevano contare sulle dita di una
mano. Gli uomini erano fuori, come se il fatto non li riguardasse o come
se con la loro assenza giustificassero l’azione.
Per Alessandra non c’è stata nessuna fiaccolata, come di solito si fa in queste occasioni. Per Alessandra si sono accese “le malelingue” e così Alessandra è stata uccisa due volte, con la stessa arma, le forbici, quelle reali e quelle metaforiche. Tutto questo è inaccettabile. La violenza non va giustificata, mai. Il mio è stato un invito alla riflessione, un invito ad agire con responsabilità non solo nei riguardi di chi amiamo ma di tutti, perché la nostra umanità non si ferma alla porta di casa, anche il fuori ci appartiene e ne siamo responsabili, con i nostri gesti e le nostre parole, perché tutto ciò che accade agli altri potrebbe accadere anche a noi».
Per Alessandra non c’è stata nessuna fiaccolata, come di solito si fa in queste occasioni. Per Alessandra si sono accese “le malelingue” e così Alessandra è stata uccisa due volte, con la stessa arma, le forbici, quelle reali e quelle metaforiche. Tutto questo è inaccettabile. La violenza non va giustificata, mai. Il mio è stato un invito alla riflessione, un invito ad agire con responsabilità non solo nei riguardi di chi amiamo ma di tutti, perché la nostra umanità non si ferma alla porta di casa, anche il fuori ci appartiene e ne siamo responsabili, con i nostri gesti e le nostre parole, perché tutto ciò che accade agli altri potrebbe accadere anche a noi».
La serata, intervallata dalla lettura di monologhi, scritti da Michela Buonagura, ha “mantenuto in vita” con un pensiero anche altre donne,
abusate, torturate, violentate: morte. Dalla sposa bambina impiccata
per aver ucciso il suo violentatore, promesso sposo, a Fortuna, piccola
bimba precipitata dalla finestra del suo palazzo. Presente
all’iniziativa anche la regista Maria Di Razza, che ha introdotto la
proiezione del suo pluripremiato corto “Forbici”, un lavoro che in pochi
minuti racconta la tragedia della ragazza Palmese. «Il corto –dichiara
l’autrice – ha, del tutto inaspettatamente, riscosso un successo e un
interesse al di là di ogni più rosea previsione, partecipando finora a
65 Festival in 4 continenti portando a casa 8 premi, fino alla menzione
speciale ai “Nastri d’Argento”, il segno tangibile dell’emergenza
sociale che la tematica rappresenta. Il maggiore successo lo ha riscosso
in Sud America con una dozzina di Festival e 2 premi, poi in India e
anche in un Festival africano, il che lascia ancor più riflettere.
Certamente un lavoro cinematografico non può avere la pretesa di
proporsi come panacea del malessere sociale che il fenomeno del
femminicidio sta generando, ma il cinema può dare un contributo alla
campagna di sensibilizzazione che si sta mettendo in atto».
di Carmela Cassese
da Comunicare il sociale
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